30 novembre 2010

Mario, l'insolito noto

Una stanza d’ospedale al quinto piano, un tumore che ti sta succhiando la vita, un balcone che ti apre l’orizzonte su quello che stai per perdere per sempre, un pensiero chissà quanto meditato e poi via, giù, a dire addio alla vita, senza attendere che arrivi il tuo turno, senza un biglietto, senza una frase di saluto. Per nessuno. Se ne è andato così Mario Monicelli, in maniera inconsueta, originale, verrebbe da pensare: suicida a 95 anni. Come non succede a nessuno, come una Rosa nel Deserto, tanto per citare il suo ultimo lavoro per il grande schermo. Come il finale tragico di un film. E per lui, 70 anni di onorata carriera dietro una cinepresa, forse, non poteva che essere così.

Correva l’anno 1934 quando, giovane regista nemmeno ventenne, Mario Monicelli comincia a far parlare di sé, prima con un cortometraggio e poi con il suo primo film: I ragazzi della via Paal. Di lì in poi è stato un continuo crescendo, con oltre 70 film da regista, alcuni dei quali scritti a caratteri cubitali nella storia del nostro cinema.

Come dimenticare I soliti Ignoti e Amici Miei. Come non citare Un borghese piccolo, piccolo, Il marchese del grillo, L’armata Brancaleone, La ragazza con la pistola, Risate di gioia, Guardie e ladri, Speriamo che sia femmina, tanto per elencare qualcuno dei tanti titoli che lo hanno reso grande e che lo hanno portato a dirigere il gotha del nostro cinema: Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Ugo Tognazzi, Monica Vitti, Totò, Alberto Sordi, Enrico Maria Salerno, Silvana Mangano, Anna Magnani. Ma anche Renato Salvatori, Tiberio Murgia, Claudia Cardinale, Catherine Spaak, Michele Placido, Carla Gravina, Liana Orfei, Gastone Moschin, Renzo Montagnani, Paolo Villaggio, Eros Pagni, Catherine Deneuve, Gigi Proietti, Nuccia Fumo, Philippe Noiret, Adolfo Celi, Ornella Muti. Finanche Alvaro Vitali, Orietta Berti e Raffaella Carrà. E tanti altri ancora che certamente ho dimenticato.

Non si è fatto mancare niente Monicelli nella sua carriera, dal cortometraggio al documentario, passando per la fiction tv: Come quando fuori piove, anno duemila, Raiuno. A dimostrare che lui, dietro una telecamera, sapeva starci sempre e comunque a dispetto del tempo (e delle mode) che cambiavano.

Adesso se ne è andato, il grande Monicelli. Ma ci lascia un immenso patrimonio cinematografico e culturale di cui farne tesoro, specie in giorni così difficili per la cultura italiana: “Senza la cultura, dell’Italia non resta nulla di buono”, parola di Mario Monicelli, un insolito noto, un uomo grande, grande, un ragazzo con la cinepresa, un amico nostro. Ciao Mario, ci mancherai.

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