25 novembre 2010

Tutti via con Saviano?

Vado via perché… anzi no… resto, perché… da tre settimane l’Italia s’è divisa a metà: ci sono quelli che restano e quelli che se ne vanno. O almeno dicono di volerlo fare. Tutto merito (o colpa) della premiata ditta Saviano-Fazio e del loro programma Vieni via con me, che non smette di far parlare di sé. E così pure io (presunto) addetto ai lavori che di televisione un po’ (forse) ne capisce ho deciso di dire la mia, ma partendo da una prospettiva decisamente diversa. Lascio ad altri, dunque, il piacere – o l’incombenza – di dare giudizi di merito sulla qualità o sull’opportunità del programma e mi limito a fare una serie di notazioni tecniche “imparziali” che, spero, possano in parte spiegarne il successo. Ma andiamo per ordine.

Punto primo: fattore-crescita. Gli ascolti della terza puntata sono superiori a quelli della seconda. E quest’ultimi sono a loro volta superiori a quelli della prima. È un continuo crescendo (dagli 8 milioni della prima ai quasi 10 della terza), a testimonianza di come non sia la sola curiosità a spingere verso il programma. Statisticamente le prime puntate dei programmi (soprattutto quelli forti e più pubblicizzati) fanno più ascolti delle seconde e delle terze. Una crescita costante, come quella di Vieni via con me, invece, non può che essere letta come un attestato di stima e fiducia da parte del pubblico.

Punto secondo: fattore-contesto (e palinsesto). Per tre Lunedì di seguito Vieni via con me ha battuto un baluardo della programmazione Mediaset come il Grande Fratello (peraltro anch’esso realizzato da Endemol come Vieni via con me). Un dato che, associato agli ottimi ascolti di altri programmi come per esempio Anno Zero (e ci metterei pure Ballarò) è indice – credo inequivocabile – del bisogno di informazione, di notizie e di verità scatenato dal momento storico-sociale-politico-istituzionale del nostro paese.


Punto terzo: fattore-ospite. I risultati di audience di Vieni via con me sono indipendenti dalla portata degli ospiti del programma. L’ospite più forte, Benigni, ha partecipato alla puntata con meno ascolti (la prima). E nell’arco di ciascuna puntata, poi, le curve di ascolto tendono a rimanere piuttosto costanti senza eccessivi scossoni in basso o in alto. E con un indice di permanenza sul canale abbastanza alto. Insomma è il programma che piace, nel suo complesso, non qualcuna delle sue parti o dei suoi ospiti. Anzi, al contrario, sono gli ospiti ad acquisire gradimento perché inseriti all’interno del programma. Credete, per esempio, che in circostanze diverse ci sarebbero davvero state tante persone disposte ad ascoltare Renzo Piano o Claudio Abbado (personalità illustri, ma non certo popolari e commerciali per il pubblico della tv)?

Punto quarto: fattore-promozione. Esiste una forma di promozione, più forte di qualsiasi altra. Io la chiamo: marketing della polemica. La promozione, cioè, involontaria, determinata dalle polemiche contro un prodotto. Quando si dice: bene o male, purchè se ne parli. Credo di poter dire (spero a ragione) che senza l’incredibile battage pubblicitario contro il programma, gli ascolti non sarebbero stati così forti. Prima la minaccia di non mandare in onda il programma, poi le polemiche per l’intervento di Bersani e Fini, poi quelle per le frasi sui rapporti ndrangheta-Lega e la successiva replica del ministro Maroni, ospite in puntata. Senza dimenticare petizioni, interviste e commenti contro il programma e contro Saviano. Un’incredibile e certamente non voluta campagna pubblicitaria che ha fatto da ulteriore traino ad un programma che già di suo partiva molto forte.

Punto quinto: fattore-unicità. Vieni via con me ha forme e contenuti nuovi. Questo è indubitabile. Ma soprattutto non ha alternative. Saviano dicendo cose che nessuno dice in tv, fa in modo di essere ascoltato anche da chi non è pienamente (o per niente) d’accordo con lui. E non mi riferisco solo a politici o addetti ai lavori, ma a tutte quelle persone che lo ascoltano solo per venire a conoscenza di fatti e vicende delle quali, altrimenti, nemmeno saprebbero l’esistenza. Questo credo sia un punto fondamentale. Chi ascolta Saviano non è detto che condivida in toto il suo pensiero, ma spesso condivide lo spirito del programma: dire ciò che prima non si diceva. E poiché le persone che la pensano così sono tante e i programmi di questo tipo sono pochi, gli ascolti se li becca tutti lui. Chissà che questo non possa essere da “suggerimento” per i palinsesti del futuro.

Punto sesto (l’ultimo): fattore sociale. In società (al lavoro, tra gli amici, in tv, sui giornali, su facebook) si parla continuamente di Vieni via con me. Non seguirlo non significa soltanto perdersi un monologo di Saviano o un elenco di Fazio, significa dover rinunciare ad un pezzo di dibattito sociale. Insomma Saviano non lo vedi solo perché ti piace, ma anche perché – intimamente, dentro di te – sai che non puoi non vederlo altrimenti sei out, sei emarginato da alcune delle discussioni quotidiane che incroci. Specie se fai parte di certi circoli culturali o ambienti artistici. Non che questo sia qualcosa di totalmente nuovo per la tv. Già programmi di intrattenimento come Sanremo e Zelig o Striscia la notizia ne hanno usufruito in passato. E che dire della prima edizione del Grande Fratello o dell’ultima di Anno Zero se non la stessa cosa? In più, però, Vieni via con me ha quella etichetta di “giustizia sociale”, di “lotta per i diritti dei cittadini”, di “grimaldello della verità” che rende la necessità di seguirlo ancora più forte.

Mi fermo qui. Con la consapevolezza che la mia non è, né vuole essere un’analisi esaustiva. Ma soltanto un punto di vista (peraltro parziale). La tv non è e non sarà mai una scienza esatta. E ogni giudizio, commento, sentenza in proposito sarà sempre e comunque un opinione. Più o meno discutibile. Così è, se vi piace. E se non vi pace, basta semplicemente cambiare canale. O no?

1 commento:

  1. Io non sono un addetto ai lavori ma per me è una grande valutazione;)

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